19/09/13

Reddito Minimo. La proposta del Ministro Giovannini

Verso la costruzione di un istituto nazionale di contrasto alla povertà: il Sostegno per l’Inclusione Attiva 
Il Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA) è una misura nazionale di sostegno per le persone in condizione di povertà. L’obiettivo del SIA è quello di permettere a tutti l’acquisto di un paniere di beni e servizi ritenuto decoroso sulla base degli stili di vita prevalenti. Il sostegno economico non è però incondizionato. Il beneficiario s’impegna a perseguire concreti obiettivi di inclusione sociale e lavorativa. Si tratta innanzitutto di consentire, e richiedere ai beneficiari, quei comportamenti che ci si aspetta da ogni buon cittadino. È comunque un patto di reciproca responsabilità tra il beneficiario e l’amministrazione pubblica, che si impegna a offrire adeguati servizi di accesso e di sostegno.
L’Italia è l’unico grande paese europeo a non avere una misura di questo tipo (tra i Vecchi Quindici, solo la Grecia è nella nostra condizione). Fino ad oggi vi sono state sperimentazioni in poche regioni ed è operativa solo qualche misura locale (Valle d’Aosta, provincie di Bolzano e Trento; alcuni comuni, soprattutto nel Centro-nord), ma nulla di significativo a livello nazionale. Le uniche misure nazionali, peraltro modeste rispetto al bisogno, sono di natura categoriale e riguardano gli anziani (pensioni e assegno sociale) e le persone con disabilità (pensione d’invalidità civile). Nel complesso l’Italia spende per la lotta alla povertà in modo poco efficace e soprattutto in misura sensibilmente inferiore alla media dei paesi comunitari.
Il SIA è una misura che ci chiede l’Europa. Nel 2008 la Commissione Europea ha emanato una Raccomandazione a tutti i paesi per l’adozione di una strategia d’inclusione attiva, articolata sui tre pilastri del sostegno economico, di mercati del lavoro inclusivi e di servizi personalizzati. L’Italia è anche oggetto di una Raccomandazione specifica nell’ambito della Strategia Europa 2020: la Commissione e il Consiglio Europeo ci chiedono maggiori sforzi nella lotta alla povertà, pur nel contesto di rigore tuttora richiesto al nostro paese. La recente crescita della povertà e della deprivazione materiale documentata da Istat e Eurostat rendono ancora più urgente che in passato colmare questa lacuna del nostro ordinamento.
Oltre ad essere una misura nazionale, il SIA è una misura universale di contrasto alla povertà. Va abbandonata l’impostazione categoriale, secondo cui il diritto al beneficio dipende dall’appartenenza a una determinata categoria, principio che ha storicamente ispirato il nostro sistema di welfare. L’impostazione categoriale si è tradotta in una frammentazione degli interventi a cui manca una visione organica. La scelta a favore di un’impostazione universalistica risponde innanzitutto a un principio di equità: l’uguaglianza di fronte al bisogno. La misura coinvolge tutti i residenti, inclusi gli immigrati legalmente residenti o perlomeno quelli stabilmente residenti secondo le direttive comunitarie.
Non si tratta di un reddito di cittadinanza (rivolto cioè a tutti indistintamente), ma di un sostegno rivolto ai poveri, identificati come tali da una prova dei mezzi. Fondamentale a questo proposito è l’implementazione dell’imminente riforma dell’ISEE, che in un paese caratterizzato da una diffusa evasione fiscale e lavoro nero dovrebbe rappresentare un significativo avanzamento nella capacità di accertare efficacemente la capacità economica delle famiglie. A tal proposito cruciale è anche introdurre soglie patrimoniali per l’accesso facendo riferimento alla disciplina della componente patrimoniale dell’ISEE.
L’ammontare dell’erogazione monetaria alle famiglie beneficiarie del SIA è idealmente pari alla differenza tra la misura delle loro risorse economiche e il livello di riferimento, stabilito per legge per identificare la condizione di povertà. Più realisticamente, a seconda dei vincoli di finanziamento complessivo del programma, andrà coperta inizialmente una quota di tale differenza. Poiché il livello di riferimento del SIA è dato dal costo di un paniere di consumo di beni e servizi di mercato, appare necessaria una sua articolazione in relazione a molteplici fattori, fra cui assumono un rilievo preminente la composizione del nucleo familiare e le differenze territoriali del costo della vita e della disponibilità di servizi collettivi.
All’INPS va demandata l’erogazione del beneficio, che potrebbe anche essere effettuata mediante una carta di debito, come nella recente esperienza della Carta acquisti, purché si eliminino gli effetti di stigma o condizionamento al consumo. Sul territorio, invece, la regia è assegnata ad un’aggregazione distrettuale dei Comuni (ad es. gli Ambiti socio-assistenziali): accesso, presa in carico, accertamenti, patto con l’utente, avvio di percorsi di attivazione sociale, gestione della condizionalità. Essi si dovranno avvalere della collaborazione, per quanto concerne le rispettive competenze, dei Centri per l’impiego, delle istituzioni scolastiche, delle Asl e di altre amministrazioni pubbliche, nonché del Terzo Settore e di altri soggetti territoriali privati. Fondamentale nell’organizzazione di questi servizi è il ruolo delle Regioni.
Non si è operata una valutazione dei costi del SIA, perché ciò richiede una specificazione dettagliata di tutti i suoi aspetti e tempi più lunghi di quelli di elaborazione del documento. A titolo esemplificativo, sulla base di recenti ricerche – ancorché condotte con ipotesi parzialmente diverse da quelle qui suggerite – si stima che il programma possa ragionevolmente comportare un costo a regime dell’ordine di circa 7 miliardi, che potrebbero diminuire in presenza di una ripresa della crescita economica che riduca i livelli di povertà attualmente raggiunti. Un tale programma consentirebbe di interessare non meno di circa il 6% delle famiglie del Paese. Possono comunque essere prospettate ipotesi meno onerose: un’integrazione dei redditi familiari fino a metà della soglia di povertà assoluta potrebbe costare circa 1,5 miliardi. In caso di mancanza delle risorse necessarie, sarebbe comunque raccomandabile estendere progressivamente a tutto il paese la Carta acquisti, riducendone gli aspetti di categorialità.

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